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È ora di ritornare, dieci giorni nel bene e nel male sono passati. Fatto il check-out in hotel ci siamo avviati a piedi nella vicina fermata del treno express per l'aeroporto. Veloce, economico (150 rupie in tre), pulito e semi vuoto. Dopo venti minuti eccoci in aeroporto. Iniziano le code estenuanti e i controlli continui del passaporto.
Prima fila all'ingresso delle partenze internazionali, un soldato legge i biglietti e il passaporto.
Seconda fila, lentissima, al banco del check-in. Ci sono almeno dieci desk aperti e le persone in coda non sono una folla disumana... ma ci vuole un'ora e mezza di fila. Arrivati al desk capiamo: il personale di terra è flemmatico, si interrompono a vicenda per questioni tecniche che risolvono in pause lunghissime, parlano e ridono fra loro, naturalmente fermando ciò che stanno compiendo.
Terza fila: controllo del passaporto e del visto. Un lungo serpente di viaggiatori. Altri 45 minuti di attesa con una donna asiatica che simula un improvviso mal di schiena fulminante per passare davanti a tutti e poi miracolosamente riprendersi dopo il controllo e un ragazzotto che cerca di scavalcarmi un attimo prima di trovarmi davanti al controllo e che riesco a rispedire indietro a male parole.
Quarta fila: il controllo di sicurezza rigorosamente lento e separato tra uomini e donne. Io e il figlio finiamo in una fila con uomini apparentemente seri e compunti che invece senza problemi ci vogliono scavalcare. Esplodo in "the line, this is a line, is not difficult to inderstand" e urlando li rispedisco dietro, ma sono due e mentre urlo con uno l'altro mi supera, lo blindo davanti al distributore di cestini per riporre gli oggetti, ne prendo uno e lo sbatto rumorosamente sul tavolo più volte guardandolo in faccia e contemporaneamente impedendo all'altro di superarmi. L'atto di sbattere con forza il cestino li intimorisce, capiscono (o forse pensano solo che sia pazzo) e stanno buoni. Faccio il doppio controllo prima nel metal detector e poi con un soldato che mi perquisisce; mi assale il dubbio: i due uomini di prima magari non volevamo fare i furbi, semplicemente nella loro cultura probabilmente non esiste il concetto di fila e ordine geometrico, prima, dopo, sequenza... in effetti non sono cose naturali, ma é l'educazione e la società che di solito insegnano queste cose, come il rispetto della legge, saper scrivere e leggere e tutto il resto. Mio figlio se la ride e non vede l'ora di raccontare lo show alla madre impegnata ad aspettare donne vestite di pesanti "tappeti" che per i controlli rallentano le già flemmatiche procedure di sicurezza.
Quinta fila: brevissima per fortuna, un omino al gate di imbarco  controlla il passaporto prima di permetterci di entrare al gate.
Sesta fila: prima dell'imbarco con ulteriore controllo di passaporto e biglietto.
Pensavamo che le due ore e mezzo di anticipo in aeroporto fossero sufficienti, invece siamo riusciti giusto in tempo a prendere l'aereo che stranamente è partito con soli 45 minuti di ritardo. Dunque ricordatevi che all'aeroporto di Delhi, per i voli internazionali ci vogliono come minimo 3 ore di anticipo, meglio quattro a questo punto.

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